Introduzione
Il marchio rappresenta il segno distintivo utilizzato di norma mediante apposizione materiale sul prodotto, deve rappresentare l’attività svolta dall’impresa e deve esprimerne il core business.
In questo articolo verrà illustrata l’importanza della registrazione del marchio, distinguendo tra marchi registrati e non registrati, verranno evidenziate le agevolazioni dal punto di vista fiscale sul marchio e come si può procedere in caso di cessione.
Tipologie di marchio
Il marchio può essere impiegato per diverse tipologie di prodotti, il c.d. marchio generale (es. Fiat), o per una singola tipologia di prodotti caratterizzata da precise caratteristiche merceologiche, il c.d. marchio speciale (es. Coca-Cola per le bevande e 500 Abarth o Panda per le automobili).
Solitamente il marchio speciale è accompagnato dal marchio generale (il marchio speciale 500 è di norma insieme a quello Fiat).


Composizione del marchio
Con riferimento alla sua composizione distinguiamo tra marchi denominativi (formati da parole), figurativi (dove troviamo disegni o più semplicemente loghi) o misti.
Lettere, cifre, suoni, colori e tonalità cromatiche, oltre alla forma del prodotto e alla sua confezione, rappresentano degli elementi proteggibili, in quanto servono per l’identificazione del marchio tra i consumatori.



Ruolo del marchio: l’evoluzione nel tempo
In passato il marchio assumeva una funzione distintiva della provenienza del prodotto o del servizio da un’organizzazione imprenditoriale unitaria e costante nel tempo. In questi termini la protezione del marchio era ammessa nei limiti del rischio di confusione, ossia la funzione di questo segno distintivo era quella di permettere una chiara identificazione dell’impresa produttrice di quel prodotto o servizio.
Oggigiorno invece il marchio è protetto non solo con riferimento al rischio di utilizzazioni confusorie, ma anche contro tentativi di approfittare o di arrecare un certo pregiudizio al valore pubblicitario della notorietà collegata a questo, minando quindi le strategie commerciali di accreditamento dei prodotti e dei servizi marcati.
Come si procede per la registrazione di un marchio italiano
Prima della registrazione vera e propria, bisognerà che la società o il libero professionista identifichino un logo inerente alla propria attività ed è necessario assicurarsi che non sia già presente in commercio un marchio identico o molto simile, che possa dunque creare confusione nel potenziale consumatore.
Questo passaggio è fondamentale per evitare l’insorgere di problemi quali un deposito in modalità scorretta o il rifiuto del marchio stesso.
Il passaggio successivo è quello di rivolgersi all’Ufficio Brevetti e Marchi o presso una qualsiasi Camera di Commercio, presentando la documentazione richiesta firmata, oltre a:
- pagare tasse e bolli previsti;
- indicare i prodotti che si vogliono tutelare;
- presentare il marchio originale.
Il deposito del marchio è valido per 10 anni ed è poi possibile rinnovarlo al momento della scadenza dei termini. I costi per la registrazione tengono conto di:
- diritti di segreteria che ammontano a 40€;
- marca da bollo pari a 16€;
- tutela di ogni classe di servizi e prodotti della propria attività che ammonta a 34€;
- tasse da pagare all’Ufficio Brevetti e Marchi.
Marchi registrati e non registrati
Il marchio risulta essere l’unico segno distintivo (elementi che, ai sensi della legge italiana, hanno funzione di identificare un determinato imprenditore, un determinato luogo dove si esercita l’impresa, un determinato prodotto, per differenziarli agli occhi del pubblico dei consumatori) per il quale la legge prevede uno specifico procedimento amministrativo di registrazione davanti a pubblici uffici, che determinano un’efficacia costitutiva della protezione stessa, valida sia prima sia durante il concreto uso del segno ed estesa a livello nazionale ed europeo (nel caso in cui la registrazione sia fatta presso l’EUIPO, ovvero l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale incaricato di gestire i marchi dell’Unione europea e i disegni e modelli comunitari registrati).
Il sistema dei segni distintivi in ogni caso riconosce e protegge anche i marchi che non risultino essere stati registrati, ma il nostro ordinamento manca di una disciplina relativa ai marchi non registrati.
L’art. 2571 c.c. stabilisce che chi ha ottenuto la registrazione gode della presunzione assoluta della titolarità del diritto e di una protezione a livello nazionale; chi, al contrario, vanta solo un preuso deve provarlo e gode di una tutela limitata con riferimento all’ambito entro cui il preuso è avvenuto.
Anche il codice di procedura industriale si occupa del marchio non registrato, dichiarando all’art 2 co. 4 che esso risulta protetto, se ricorrono i presupposti di legge.
Vantaggi della registrazione di un marchio d’impresa
Per sfruttare economicamente un brand, le imprese devono passare per la registrazione del marchio, la quale può portare numerosi vantaggi, sia per quanto riguarda la tutela sia per lo sfruttamento del brand.
Nello specifico, la registrazione di un marchio d’impresa può portare:
- Il diritto esclusivo di utilizzare il marchio registrato, evitando che altri possano farlo;
- Possibilità di tutelarsi, anche per vie legali, nei confronti di terzi che utilizzino impropriamente tale marchio;
- Possibilità di sfruttare economicamente il marchio attraverso la concessione in uso a terzi.
Il motivo principale che spinge un’azienda verso la registrazione di un marchio è la possibilità di tutelarsi nei confronti della concorrenza e di poter disporre di quel marchio sul mercato, anche attraverso la concessione in uso del marchio a soggetti terzi. Per ottenere questi vantaggi bisogna procedere alla registrazione del marchio, che può essere effettuata sia a livello nazionale che internazionale (europeo o mondiale).
Un altro fattore da tenere in considerazione è che il marchio, una volta registrato, può essere ceduto sul mercato molto più facilmente, in quanto è molto più semplice individuare la titolarità del marchio e la sua unicità (e quindi il suo valore economico). Per questo la registrazione di un marchio non deve essere vista solo come un vantaggio legale, ma anche come la possibilità di attribuire un valore commerciale al brand. Si tratta di valorizzare un brand nel tempo, sfruttandone i vantaggi nel lungo periodo. La registrazione di un marchio, inoltre, è sempre vista dai consumatori come elemento di fiducia nei confronti del prodotto o del servizio offerto.
Oltre ai vantaggi legati alla tutela legale ed economica, il marchio permette eventuali vantaggi fiscali.
Come utilizzare il marchio nell’ottica di tax planning
Il punto di partenza di questa analisi fiscale è costituito dall’agevolazione legata alla tassazione dei proventi da diritto di autore in Italia.
Questa disciplina consente al titolare di un brand o di un marchio di concederne lo sfruttamento economico ad un altro soggetto terzo, attraverso un compenso sotto forma di royalties, solitamente commisurate al fatturato raggiunto dal marchio stesso nell’anno. Fiscalmente, il percepimento di queste royalties è trattato in modo agevolato dalla nostra normativa fiscale.
La normativa fiscale italiana permette di ottenere una detassazione del 25% dei canoni derivanti dallo sfruttamento economico del diritto di autore su marchi e brevetti.
Esempio: se si sono percepiti 10.000 € di royalties, si avrà una tassazione solo su 7.500 €, ottenendo quindi un imponibile esente da tassazione per il 25%.
Come sfruttare questo vantaggio
L’agevolazione fiscale si può attuare solo nei casi di creazione di un nuovo prodotto, o di un nuovo brand o ancora di un nuovo business. Si potrebbe procedere in questo modo:
- Individuare una società del gruppo (ad esempio la holding) che si occuperà di sviluppare il marchio e di procedere alla sua registrazione. La holding dunque sostiene i costi di realizzazione e di sviluppo del marchio e nel tempo ne promuove la promozione e la sponsorizzazione per diffonderne il valore verso terzi;
- L’azienda che ha registrato il marchio (la holding) concede lo sfruttamento del marchio ad un’altra società del gruppo, operativa, che si occuperà di produrre e distribuire il prodotto con il marchio ricevuto in licenza d’uso.
Questa procedura viene seguita da moltissime multinazionali per lo sfruttamento degli intangibles aziendali: queste, sfruttando la diversa localizzazione territoriale della holding e delle società operative, arrivano a raggiungere obiettivi di tax planning notevoli.
Se non ho un gruppo multinazionale, cosa posso fare?
Se si riescono a rispettare alcune condizioni, la stessa procedura illustrata nel paragrafo precedente può essere sfruttata anche da imprese non multinazionali.
Questa procedura va eseguita soltanto al momento della creazione del marchio, in quanto se si realizza successivamente rispetto alla commercializzazione del marchio sul mercato è chiaro che l’obiettivo perseguito è quello dell’ottenimento di un vantaggio fiscale indebito. Vale il medesimo ragionamento se la registrazione del marchio avviene da parte di un’impresa diversa rispetto a quella che ne ha sostenuto i costi di realizzazione. Un caso classico è quello di un marchio creato da una società operativa ma registrato dalla holding o ancor peggio dall’imprenditore personalmente.
Risparmio di tassazione per una persona fisica
Per una persona fisica è possibile ottenere un notevole risparmio fiscale ricorrendo allo sfruttamento economico del marchio. La tassazione ai fini IRPEF, ad esempio, può variare da:
- Un minimo del 17,25%, ovvero il 75% dell’aliquota IRPEF più bassa (23%);
- Un massimo del 32,25%, ovvero il 75% dell’aliquota IRPEF più alta (43%).
Risparmio di tassazione per un gruppo multinazionale
Le imprese che operano su scala internazionale sfruttano i beni immateriali in modo importante nelle loro attività di tax planning, anche grazie alla diversa collocazione territoriale tra le imprese che fanno nascere nuovi marchi e le imprese che li sfruttano economicamente. L’asimmetria dei livelli di tassazione dei vari Paesi del mondo permette di ottimizzare il carico fiscale, anche se le autorità fiscali dei vari Paesi prestano molta attenzione al fatto che queste procedure vengano attuate con il rispetto delle normative fiscali nazionali e Convenzionali (ove presenti).
Errori da evitare nella registrazione dei marchi d’impresa
L’applicazione di una normativa fiscale, anche se perfettamente lecita, deve passare attraverso un’analisi della propria situazione fiscale. La figura di un consulente fiscale risulta quindi indispensabile.
Analizziamo ora i principali errori da non commettere se si vuole mettere a reddito un brevetto o un marchio aziendale. I principali errori sono:
- Non registrare un marchio già utilizzato sul mercato da tempo;
- Il rispetto del principio di inerenza per la deduzione dei canoni pagati al concedente.
Vediamo questi errori con maggiore dettaglio.
Errore 1) – Non registrare un marchio già utilizzato da tempo
L’errore più comune è quello della registrazione senza controllo. Se l’impresa ha già un marchio esistente ed è già utilizzato dall’azienda per la vendita dei prodotti, non si può pensare di registrare il marchio per sfruttare fiscalmente la disciplina sul diritto di autore.
Ad esempio non si può registrare un marchio storico o registrarlo dopo averlo utilizzato per anni, poiché queste situazioni non sono corrette fiscalmente, e non risultano essere difendibili.
La registrazione del marchio aziendale in sé e per sé non è illegale e nemmeno una pratica scorretta, eppure, pretendere che l’azienda inizi a pagare dei canoni all’imprenditore per un marchio che in precedenza era utilizzato liberamente è un comportamento. Tutto questo diventa ancora più grave se la registrazione personale del marchio è avvenuta dopo che lo stesso è stato sviluppato utilizzando risorse aziendali.
Se ci si trova in una fattispecie come questa si è passibili di accertamento, con il disconoscimento di tutti i vantaggi ottenuti dall’operazione. Il tutto con sanzioni che vanno dal 90% minimo al 180% della maggiore imposta dovuta (sanzioni per infedele dichiarazione).
Errore 2) – Mancato rispetto del principio di inerenza con la deduzione delle royalties pagate
Una seconda tipologia di errore è quella di andare a dedurre sull’azienda le royalty pagate al soggetto che ne detiene il diritto di autore. Qui ci riferiamo al cd “principio di inerenza“.
Si tratta della regola fiscale che impone, prima di scaricare un costo aziendale, di essere in grado di dimostrare che quel costo è inerente all’attività svolta. Si tratta di fatto di dimostrare che il costo sostenuto è relativo ad un’operazione che si tradurrà in una vendita, quindi un valore positivo per l’impresa, poiché il marchio è in grado di aumentare il valore del singolo pezzo venduto.
Non vi sono problemi per le società operative che pagano i canoni alla società che detiene il marchio, in quanto per loro si tratta di un costo inerente l’attività. Questo viene meno nelle aziende di minori dimensioni, dove la possibilità di provare il valore del proprio marchio è più difficile, per questo la società che detiene il marchio deve provvedere periodicamente al sostenimento di costi di sponsorizzazione del marchio sul mercato, per sostenerne l’economicità e la diffusione sul mercato.
Come provare il valore economico di un marchio
Per sfruttare le royalty sui marchi, occorre provare che, alternativamente:
- Grazie al marchio la merce aziendale aumenta di valore sul mercato;
- Grazie al marchio l’azienda è stata in grado di aumentare il numero delle vendite.
L’errore che si commette è quello di stipulare l’accordo economico di sfruttamento del marchio, facendo accollare tutti i costi di pubblicità a carico della società che lo sfrutta. Spesso, infatti, chi detiene il marchio non investe in prima persona per sviluppare la reputazione del brand.
È importante che chi detiene la paternità del marchio lo promuova direttamente quanto più possibile, altrimenti diventa difficile sostenere che i costi di promozione siano legati da chi quel marchio non lo detiene.
Cessione del marchio
Mediante la cessione del marchio, il titolare cede la proprietà del suo marchio ad altro soggetto, che ne diventa il nuovo proprietario.
Questa cessione viene fatta attraverso un contratto dove verrà indicato il corrispettivo della cessione (dato dal valore economico del marchio), che può essere liquidato in un’unica soluzione oppure rateizzato.
Cessione marchio: cosa dice la legge in Italia
L’articolo 23, comma 1 del Codice Italiano della Proprietà Industriale, in merito alla cessione di un marchio, dispone che:
“Il marchio può essere trasferito per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato”.
Contrariamente al passato, il marchio può essere ceduto senza alcun obbligo di trasferimento dell’azienda o di un ramo di azienda.
Dunque il marchio e l’azienda possono circolare separatamente e il marchio può essere trasferito liberamente.
L’unico collegamento previsto tra marchio e azienda è quello dell’articolo 2573, comma 2 del Codice Civile, secondo cui il marchio costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata si presume trasferito assieme all’azienda: si tratta di una presunzione e non di un obbligo.
Cessione totale del marchio, cessione parziale del marchio, cessione di marchio non registrato
Quando si cede un marchio che comprende più prodotti o servizi non si è obbligati a cederli tutti. Si può cederne o trasferirne solo una loro parte; in questi casi si parla di cessione parziale di un marchio.
È possibile cedere o dare in licenza anche il marchio non registrato (detto comunemente marchio di fatto): ovviamente, in fase contrattuale verrà tenuto conto del valore del marchio, che potrebbe essere inferiore a causa della sua mancata registrazione.
Differenza tra cedere un marchio e concederlo in licenza
La differenza tra cessione di marchio e licenza di marchio è che con la cessione si cede la proprietà, mentre con la licenza si mantiene la titolarità del marchio e si cede solo la possibilità di farne uso.
Come si fa la cessione del marchio
La cessione del marchio deve essere trascritta presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, qualora si tratti di marchio italiano.
È opportuno affidarsi ad un Consulente, o ad uno Studio Legale specializzato nella stesura di contratti di cessione di marchi, il quale:
- vi assisterà nella definizione del giusto contratto;
- vi aiuterà a valutare al meglio ogni aspetto del contratto;
- vi assisterà nella negoziazione con la vostra controparte;
- vi aiuterà ad assolvere tutti gli adempimenti sulla cessione del marchio;
- si occuperà della trascrizione del contratto di cessione presso gli uffici UIBM.